07/02/2025

PAURE

 Sono giorni che ci penso ma poi mi fermo, o forse nemmeno parto, e torno indietro, lascio perdere, desisto, rinuncio e faccio altro. 
Sono giorni che penso che è tanto che non scrivo pur pensando di avere qualcosa da dire. Ma poi non scrivo.
Qualcosa da dire a chi, poi? 
Ottima domanda. Ai posteri, forse, ignoti posteri che per qualche volo pindarico dovessero capitare qua sopra chissà quando. 

Questo non quotidiano diario digitale arranca e se certe cose sono il riflesso di quello che siamo in quel momento, allora sto arrancando anche io. 
In qualche modo, su più fronti, sto arrancando. Ma dando un colpo al cerchio e uno alla botte, vado avanti.

Scioccata davanti agli eventi del mondo, ironica per non soccombere, arrabbiata negli scontri con la realtà ma soprattutto impaurita per quel che sarà di questi adolescenti disorientati e vittime di loro stessi, dei vortici che creano con le loro mani e dentro cui si tuffano per cameratismo, nonostante i salvagente che i genitori lanciano e rilanciano. 
Volersi affogare insieme nel torbido dei conflitti del gruppo fa parte della vita a dodici anni, del crescere mettendosi alla prova, per misurarsi e capire se quello che senti dire a casa è vero o no, se c'è da fidarsi o no, ma tant'è un genitore non può pensare di dire, per proteggere, e ottenere sempre. A volte deve parlare e poi assistere stando zitto. Lasciar fare: anche questo è educare.

Ricordo che ci sono passata anche io, attraverso la melma dei dodici anni, ma non avevo il telefonino in tasca e il maledetto gruppo whatsapp della classe sempre attivo -e i miei genitori a loro volta senza quello fottutissimo dei genitori della classe- quindi per forza la mia adolescenza è stata più facile e gestibile, per tutti.

Cosa verrà fuori da questi ragazzi non ne ho idea, ma se leggo quello che leggo sulle malefiche chat di cui sopra, Signore pietà. 

Love,
MC

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